martedì 12 gennaio 2010

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Ultimamente una persona con più anni e più esperienza di me mi ha mosso una critica. Questo è il luogo ideale per elaborare il discorso. Ha criticato il fatto che sono troppo «autoriferito». In che senso «autoriferito»? Nel senso che io osservo il mondo, osservo le persone, cerco delle regole, e sulla base di queste mi costruisco degli schemi su come funzionano le persone e come funziona il mondo. Faccio come Galileo, insomma.

Ora, la questione non è se i miei schemi del mondo siano completi e accurati o meno. Tutti fanno schemi, che ne siano consapevoli o no. Gli schemi sono fondamentali per leggere e interpretare il mondo: senza i nostri schemi non sapremo nemmeno scegliere quale gusto di gelato prendere. La critica che mi è stata mossa sta piuttosto qui: che faccio troppo soggiacere il mondo ai miei schemi, quando piuttosto dovrei fare il contrario.
Così finisce che uso troppo spesso il verbo «funzionare»: «Lui/lei non può dire/fare questo, perché il mondo non funziona così». Ma non sono certo io a stabilire come funziona il mondo! È chiara quindi la falla. Ma in realtà, non lo nascondo, questa critica non mi coglie impreparato. Se vi ricordate, ne ho parlato dettagliatamente qui. Una maggiore comprensione del mondo porta alla ricerca della perfezione, che a sua volta porta all'intolleranza. Confesso che il pericolo lo vedevo tutto.

Ma in qualche modo la critica sul mio eccessivo attaccamento agli schemi è caduta nel momento ideale. Perché? Beh, perché quando hai dodici viti che ti tengono insieme un braccio dopo che ti sei quasi ucciso in macchina hai come il bisogno di dare un valore nuovo a un po' di cose. E in questo clima di «grandi pulizie di primavera» e di rinnovamenti costruttivi (che splendidamente coincide con l'inizio del nuovo anno), un po' di igiene sulla mia imago mundi è più che utile: è necessaria.
E allora accetto al 100% la critica, anche perché una volta che hai imparato tutte queste belle cose sulla sociodinamica e l'empatia arriva il momento di viverle con spontaneità. L'empatia, se non è spontanea, non è empatia: è... lettura. Semplice lettura degli altri, che chiunque può imparare a fare. Ma essere davvero empatici...
I più sagaci di voi avranno già capito dove voglio arrivare con tutta questa pappardella. Voglio arrivare a dire che è ora per me di prendere un po' le distanze dai grandi schemi e regole sul mondo; e questo significa necessariamente che il blog termina qui. Spero di avervi dato in questa cinquantina di post dei buoni punti su cui riflettere. Per me sono stati molto importanti. Ma ora è iniziato un periodo nuovo, ed è giusto che queste cose facciano il loro corso.
Molte altre sono in attesa di sostituirle.