venerdì 30 gennaio 2009

Se vuoi conoscere a fondo una persona, non badare a quello che dice ma a cosa fa mentre lo dice


Le dinamiche più grandi e importanti di una persona si esprimono in modo molto più sincero, trasparente ed efficace nei comportamenti più piccoli, semplici e apparentemente insignificanti. I comportamenti su larga scala sono inquinati dalle questioni culturali e sociali.
Ogni dettaglio del comportamento di una persona è conseguenza di una dinamica fondamentale. Fortunatamente non è necessario sapere a priori come: basta osservare molto, e quando si avrà un numero sufficiente di dettagli questi permetteranno di determinare una teoria organica su quella persona.
Allo stesso modo, per trovare le incognite di un'equazione occorre affiancarla ad un numero sufficiente di altre equazioni che contengano quelle incognite.

venerdì 23 gennaio 2009

Smettiamola una buona volta di pensare che i paradossi logici impediscono alle cose di essere contraddittorie


È vero che tutte le persone sono uguali, ed è vero che tutte le persone sono diverse. Sbaglia chi crede in una affermazione e non nell'altra.
Credere nell'uguaglianza delle persone serve per ammettere che noi, al posto loro, faremmo le stesse cose: e questa è una porta per la comprensione, per l'empatia; credere che tutte le persone sono diverse serve per ammettere che il diritto che noi abbiamo di pensare quello che pensiamo perché il nostro cervello è fatto così e la nostra vita è andata così è un diritto di tutti: e questa è l'altra porta per la comprensione, per l'empatia.

venerdì 16 gennaio 2009

Tre domande


Per comprendere le motivazioni profonde dei comportamenti delle persone, spesso sono sufficienti due domande:
  • «Cosa farebbe se fosse un uomo delle caverne?»;
  • «Cosa farebbe se fosse un bambino piccolo?».
Per capirle davvero, però, ne basta soltanto una:
  • «Cosa farei io, se fossi lui?».
In fondo l'empatia è questo.

sabato 10 gennaio 2009

Ringraziamenti


«Happiness is only real when shared»
dal film Into the Wild

«Solitudine non è essere soli
è amare gli altri inutilmente»
Mario Stefani


Il 21 dicembre dell'anno scorso mi è stato regalato questo libro. Per tanti versi è un libro illuminante. L'ho studiato in un periodo in cui ero assolutamente pronto per ricevere quei concetti. Li ho incorportati, li ho fatti miei. E probabilmente da lì sono cambiate tante cose, per me.
Sostanzialmente quel libro è un ottimo manuale di istruzioni per essere felici. Sono istruzioni validissime, ma è come se mancasse un passaggio, e cioè: Se tutti fossero felici, l'umanità sarebbe felice? Ci ho pensato tanto, e la risposta è: no.
Allora ho elaborato l'impianto che ho sintetizzato nei post precedenti. Ho migliorato e ampliato le considerazioni di De Mello perché se non si tiene conto del fatto che la felicità è una forma di relazione tra le persone non si può vincere la solitudine. Me ne faccio poco, della mia felicità, se è solo mia; e del resto preferisco appartenere ad un'umanità felice piuttosto che essere un uomo felice in mezzo ad altri uomini felici.
Nel 2008 ho fatto il mio lavoro di tesi, ma il vero sforzo mentale dell'anno passato lo ho messo per costruire questo impianto. Non fatevi ingannare dal fatto che è scritto in pillole.
Chiaramente le mie considerazioni sono a loro volta suscettibili di correzioni e miglioramenti. Se qualcuno le facesse profondamente proprie potrebbe farle progredire. Ed è quello che mi auspico, perché si tratta della felicità di tutti.

giovedì 8 gennaio 2009

Conclusioni


Uno scambio di amore genera felicità, che a sua volta stimola ulteriori scambi di amore instaurando un circolo virtuoso. Siccome questo in linea di principio può valere per tutti contemporaneamente, l'umanità nel suo insieme può essere più felice a patto che tutti siano in grado di dare amore e che sappiano padroneggiare i seguenti strumenti:
  1. Etica, per trovare la cosa giusta da fare. La cosa giusta è quella che avrà conseguenze migliori, quindi la capacità di fare buone previsioni è fondamentale.
  2. Empatia, per trovare il modo giusto di farla. Ogni persona è empatica, quindi per comportarsi come tale bisogna solo essere consapevoli di esserlo.
  3. Proprietà di linguaggio, per trovare il modo giusto di comunicarla. Di questo si occupano discipline come la programmazione neurolinguistica.

mercoledì 7 gennaio 2009

Definizione sociodinamica di felicità


«And in the end
the love you take
is equal to the love
you make»
The Beatles, The end

Il calore che sentiamo sotto le coperte è quello che noi stessi abbiamo dato alle coperte e che queste ci "restituiscono".
Allo stesso modo, definito «amore» qualsiasi sentimento atto a fare del bene al prossimo, la felicità è l'amore che si dà empaticamente agli altri e che dagli altri, prima o poi, torna indietro.
In termodinamica uno scambio spontaneo di calore produce un aumento di entropia nell'intero sistema; in sociodinamica uno scambio empatico d'amore produce un aumento di felicità nell'intero gruppo.

martedì 6 gennaio 2009

Seconda considerazione importante attorno all'esempio precedente


La creazione della felicità nell'esempio precedente è stata dovuta primariamente a come sono stati dati i consigli in termini di linguaggio.
Nella fattispecie si tratta di linguaggio verbale («Non fare questo» invece di «Fai quest'altro»), ma per «linguaggio» si intende in generale qualsiasi forma di comunicazione, posto che è impossibile non comunicare.
La felicità non è una questione di linguaggio, ma la sua creazione ne è imprescindibile. In altri termini, la felicità non è una situazione individuale bensì una forma di relazione tra le persone.

lunedì 5 gennaio 2009

Prima considerazione importante attorno all'esempio precedente


Il tizio di prima era in una situazione negativa. Risolvendo i suoi bisogni abbiamo eliminato la sua situazione negativa; avendo ottenuto un bel risultato dalle sue scelte ora avrà anche delle cose buone. In definitiva è passato da una situazione negativa ad una situazione positiva.
Se gli avessimo detto cosa fare, e lui l'avesse fatto, avrebbe le cose buone ma non avrebbe risolto quelle cattive. Avrebbe ancora la sua paura e la sua autostima non sarebbe cresciuta, e quindi in sostanza non sarebbe felice.
La sua felicità produrrà in noi un feedback positivo. Ci sarà grati per il bene che gli avremo portato, noi godremo della sua gratitudine e ci troveremo dunque in una situazione migliore rispetto a prima. Questo ci renderà felici. Se gli avessimo detto cosa fare questo non sarebbe successo, perché non ci troveremmo in una situazione migliore.
Invece in questo modo siamo entrambi felici, quando prima non lo eravamo. Questo mostra che con l'empatia si può generare la felicità.

domenica 4 gennaio 2009

Utilizzo «altruista» dell'empatia: un esempio generico


Prendiamo una persona impaurita, confusa e insicura (per i motivi che volete) che si trova (per i motivi che volete) in una situazione di stallo, blocco e indecisione. Qual è il modo migliore per trattarla?
Non possiamo suggerirgli le cose che deve fare, per almeno tre valide ragioni:
  1. perché sembreremo quelli che hanno la risposta in mano, facendo sembrare quella persona ancora più incapace;
  2. perché chi ha paura di fare un passo ha paura di fare anche quelli giusti;
  3. ma soprattutto perché una persona deve sempre avere l'impressione di fare da sé le scelte giuste.
Per questo gli suggeriremo le cose che non deve fare.
Gli avremo così limitato il numero di passi possibili, e quindi il numero di fonti di paura; ma gli avremo lasciato la possibilità di scegliere quali tra i passi giusti compiere. Se la sua scelta si rivelerà giusta (cosa che accadrà se noi gli avremo escluso tutti i passi sbagliati) la sua autostima crescerà, passerà la paura di sbagliare e il suo problema sarà essenzialmente risolto. Grazie a noi.

Utilizzo «egoista» dell'empatia


Il modo migliore per ottenere qualcosa da una persona è accordare il nostro desiderio ai suoi bisogni reali in modo che voglia darci spontaneamente quello che desideriamo noi.